La Corte di Cassazione ritorna sull’argomento della mancanza del consenso informato chiarendone la disciplina e le modalità di applicazione, nonché le conseguenze a carico dei sanitari in caso di mancato adempimento dei relativi obblighi.
La sentenza della Corte di Cassazione sulla mancanza del consenso informato
“L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente”.
Così si è espressa la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n.18283/21, con la quale ha dato ragione al paziente che aveva avanzato richiesta di risarcimento danni contro l’Azienda Ospedaliera e il medico oculista che lo aveva in cura. Nello specifico, egli sosteneva che il medico gli avesse somministrato una terapia farmacologica al di fuori del protocollo, tralasciando di monitorarlo prima e dopo il periodo di trattamento, provocandogli un’insufficienza renale.
Il paziente danneggiato dichiarava di non essere stato informato in modo adeguato riguardo ai rischi ai quali sarebbe stato esposto sottoponendosi al suddetto trattamento. Se fosse stato, invece, opportunamente messo al corrente, avrebbe potuto decidere di non proseguire con la terapia, dando la priorità alle funzioni renali piuttosto che a quelle visive.
La Corte, riconosciuta la condotta negligente da parte del medico, ha riconosciuto al paziente il diritto al risarcimento.
Art. 32 della Costituzione, II comma
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Cos’è il consenso informato
Il consenso informato è regolato dall’art. 32 comma 2 della Costituzione, in base al quale ogni individuo non può essere sottoposto ad alcun trattamento sanitario o chirurgico, senza averne prima dato il relativo consenso.
Esso è il punto intorno al quale si snoda l’intero rapporto tra medico e paziente.
Attraverso il consenso informato, ogni paziente sceglie in piena libertà ed autonomia se iniziare, proseguire, interrompere o rifiutare il trattamento previsto. E’, dunque, espressione di un autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione proprio della persona e costituisce un mezzo volto al perseguimento dei suoi migliori interessi, consentendogli di decidere tra diverse possibilità di trattamento medico, di decidere di interrompere lo stesso, salvo ricorra uno stato di necessità, o anche di rifiutare di sottoporvisi, in ogni fase della propria vita, anche terminale.
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’acquisizione del consenso informato da parte del medico rappresenta una prestazione diversa da quella dell’intervento richiestogli, e che assume quindi rilevanza autonoma rispetto a quest’ultimo ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente (Cass. n. 32124/2019).
Siamo in presenza, perciò, di due situazioni ascrivibili ad altrettanti diritti distinti:
- Il consenso informato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della persona. Nello specifico, quello all’espressione della consapevole adesione ad un determinato trattamento sanitario proposto dal medico, posto che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per imposizione di legge, sempre nel rispetto dei limiti sanciti dall’art.32 comma 2 della Costituzione.
- Il trattamento medico terapeutico, per contro, ha riguardo alla tutela del diritto fondamentale alla salute. Bisognerà quindi valutare, in caso di successive conseguenze dannose, se esse siano riconducibili alla vicenda dell’acquisizione del consenso informato, al fine della determinazione di un eventuale risarcimento per la violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente.

La responsabilità del medico in caso di mancanza del consenso informato
Il consenso dev’essere libero e informato.
Ciò significa che non può mai essere né presunto, né tacito. Può essere soltanto espresso, dopo aver ricevuto un’adeguata informazione da parte del medico circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto, al fine di metterlo nelle condizioni di consentirvi consapevolmente.
L’informativa da parte del medico dovrà tenere conto:
- Del possibile verificarsi dei rischi di un possibile esito negativo dell’intervento, con eventuale aggravamento delle condizioni cliniche del paziente;
- Dell’eventuale mancato miglioramento delle condizioni stesse.
Il paziente, quindi, deve avere un quadro chiaro e completo di tutto ciò che può realmente attendersi nel momento in cui deciderà di sottoporsi al trattamento sanitario previsto. La struttura sanitaria, dichiara la Corte di Cassazione, “ha il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, ai suoi rischi, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili, esprimendosi in termini adatti al livello culturale del paziente interlocutore, adottando un linguaggio a lui comprensibile, secondo il relativo stato soggettivo e il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone”.
Il consenso informato va regolarmente acquisito anche quando le probabilità che si verifichi un evento dannoso in conseguenza dell’intervento siano poche.
Se correttamente informato, il paziente è in condizione di esercitare una serie di diritti e facoltà, quali:
- Il diritto di scegliere tra diverse opzioni di trattamento medico
- La facoltà di acquisire ulteriori pareri sanitari
- La facoltà di rivolgersi ad altro sanitario o altra struttura che offrano maggiori garanzie, in termini percentuali, del risultato sperato
- Il diritto di rifiutare il trattamento o di interromperlo
- La facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente l’intervento, qualora queste dovessero risultare, nella fase post-operatoria e di riabilitazione, particolarmente gravose e sofferte
Il paziente deve avere un quadro chiaro e completo di tutto ciò che può realmente attendersi nel momento in cui deciderà di sottoporsi al trattamento sanitario previsto
Consenso informato e risarcimento dei danni
In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è illecito, salvo per i casi di trattamento obbligatori per legge o per quelli in cui ricorre uno stato di necessità.
L’omissione di un’adeguata informazione lede il diritto all’autodeterminazione del paziente, il quale è legittimato a chiedere un risarcimento dei danni, a prescindere da un effettivo preguidizio alla salute.
Il danno arrecato consiste nella preclusione al soggetto della facoltà di prepararsi consapevolmente ad un eventuale evento inaspettato, di riservarsi di decidere successivamente o di rivolgersi ad altra struttura sanitaria.
L’onere della prova della mancata informazione grava sul paziente: spetterà a lui dimostrare l’inadempienza del medico e il nesso causale tra la condotta di quest’ultimo e il pregiudizio subito.
La struttura e il medico violano l’obbligo di acquisire un valido consenso informato anche nel caso in cui abbiano omesso del tutto di riferire al paziente la natura del trattamento, nonché nel caso in cui abbiano acquisito il consenso con modalità improprie. Ad esempio, attraverso un modulo del tutto generico.
Qualora, invece, il paziente non sia stato informato circa un intervento che non gli abbia provocato danni e al quale egli si sarebbe comunque sottoposto, non gli spetterà alcun risarcimento.
Il danno da mancato consenso informato rientra nella categoria del danno non patrimoniale, il quale, a differenza di quello patrimoniale, non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione. Pertanto il giudice dovrà seguire la linea della valutazione equitativa. Egli dovrà effettuare una prudente valutazione e disamina dei fattori presenti nel caso concreto, tenendo conto anche dell’opinione di addetti ai lavori ed esperti.
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