Ecco l’articolo scritto da Cristina Maria Celotto (giurista) sul tema della cartella clinica ed il suo ruolo nel contesto dell’onere probatorio del nesso di causalità materiale.
Cartella clinica: parte 1
Occorre considerare che uno dei primi problemi ai quali può trovarsi davanti chi affronta cause in materia di responsabilità sanitaria dal lato del paziente è quello di individuare se e quali siano stati gli inadempimenti, commissivi od omissivi, posti in essere dal medico o dalla struttura.
La questione è ancor più evidente nei numerosi casi in cui le cartelle cliniche presentano delle lacune temporali, in cui non è dato sapere che cosa sia accaduto in quel frattempo.
In più, molto spesso, anche la ricostruzione in fatto si rende difficile per lo stato di vulnerabilità in cui si trova il paziente (di frequente non era cosciente nel momento in cui si sono svolti i fatti, o non ricorda quello che è accaduto, o non ha competenze mediche per comprendere i fatti mentre questi si stanno svolgendo).
Ma allora: l’omissione (o le omissioni) compiute nella compilazione della cartella clinica può (o possono) considerarsi un inadempimento sufficiente a sostenere le ragioni dell’attore? Detto in altri termini, occorre verificare se dette mancanze possano assurgere ad argomento da cui dedurre un inadempimento del medico astrattamente idoneo a causare il danno lamentato, così da soddisfare l’onere probatorio proprio del paziente.
Lacunosa compilazione della cartella clinica
La questione si è posta alla base di numerose sentenze, molte delle quali hanno ad oggetto la richiesta di risarcimento danni patiti da neonati, in conseguenza della mancata assistenza delle madri nelle immediatezze del parto[1].
In tali casi non si registra un unico orientamento. Alcune pronunce considerano non dimostrata la sussistenza del nesso causale per la mancata allegazione, da parte del paziente, dell’inadempimento c.d. qualificato.
Altre sentenze precisano che proprio la lacunosa compilazione della cartella clinica non solo non esclude il nesso tra l’operato dei curanti ed il danno, ma autorizza la presunzione della responsabilità medica nella determinazione del danno, in osservanza alla regola della «preponderanza dell’evidenza » o « del più probabile che non».
Più in particolare: la sussistenza del nesso si deve presumere allorché sia impossibile accertare e valutare altri ipotetici fattori causali proprio in conseguenza della lacunosa compilazione della cartella clinica.
Omissioni imputabili al medico come argomento a favore del paziente
In generale si può affermare che l’allegazione delle omissioni imputabili al medico nella redazione della cartella clinica è considerato un argomento a favore del paziente, ma non di per sé sufficiente per la presunzione del nesso causale tra l’operato del medico ed il danno riportato dal paziente.
Si ritiene infatti che l’attore non possa mai prescindere dall’allegazione dell’inadempimento medico astrattamente idoneo a causare il danno: solo in virtù di tale allegazione può operare il meccanismo presuntivo che sarà il convenuto a dover vincere.
Invero, la cartella clinica costituisce il documento principale della presa in carico del processo di assistenza di un paziente, l’atto più attendibile in grado di documentare il decorso clinico di ogni degente, in quanto al suo interno sono annotate tutte le decisioni assunte nel suo interesse e gli interventi effettuati.
l’Incompletezza come svantaggio del medico
È, dunque, nel senso sopra precisato che l’incompletezza della cartella clinica può, a determinate condizioni, costituire un elemento di prova a svantaggio del medico, e non a suo favore.
La giurisprudenza, come già evidenziato, non ha stabilito un rigido automatismo tra incompletezza della stessa e responsabilità del sanitario, ma ha individuato il principio secondo il quale le carenze del documento, intanto possono far presumere l’esistenza d’un nesso di causa tra la condotta del sanitario ed il danno, quando concorrano con esse due condizioni: (a) la condotta del sanitario sia stata astrattamente idonea a provocare l’evento; (b) l’impossibilità di accertare l’esistenza del nesso di causa tra condotta del medico ed evento di danno dipenda unicamente dall’incompletezza della cartella clinica.
Le carenze del documento possono far presumere l’esistenza d’un nesso di causa tra la condotta del sanitario ed il danno al paziente.
Obbligo di controllo e completezza delle cartelle cliniche
D’altra parte, la Corte di cassazione, chiamata ad occuparsi di casi in cui la ricostruzione delle modalità e della tempistica della condotta del medico non poteva giovarsi delle annotazioni contenute nella cartella clinica, a causa della omessa tenuta o lacunosa redazione della stessa, ne ha costantemente addossato al professionista gli effetti, vuoi attribuendo alle omissioni nella compilazione della cartella il valore di nesso eziologico presunto, vuoi ravvisandovi una figura sintomatica di inesatto adempimento, essendo obbligo del medico – ed esplicazione della particolare diligenza richiesta nell’esecuzione delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale ex art. 1176 c.c. – controllare la completezza e l’esattezza delle cartelle cliniche e dei referti allegati.
Cartella clinica come dimostrazione del nesso causale
Al riguardo, è stato precisato come la difettosa tenuta della cartella non solo non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra condotta colposa dei medici e patologia accertata, ma consente il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova e al rilievo che assume a tal fine il già richiamato criterio della vicinanza della prova, e cioè la effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla.
Pertanto l’ipotesi di incompletezza della cartella clinica va ritenuta circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente, operando la seguente necessaria duplice verifica affinché quella incompletezza rilevi ai fini del decidere ovvero, da un lato, che l’esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa della incompletezza della cartella; dall’altro che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno, incombendo sulla struttura sanitaria e sul medico dimostrare che nessun inadempimento sia a loro imputabile ovvero che esso non è stato causa del danno, incombendo su di essi il rischio della mancata prova
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