Suicidio assistito: cambia tutto. Nella sera del 25 settembre 2019, i giudici della Corte Costituzionale hanno dichiarato che non è punibile chi agevola il suicidio di malati sottoposti a trattamento di sostegno vitale al verificarsi di alcune eccezioni.
Quindi non si applica, sempre in determinate circostanze, l’articolo 580 del codice penale che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni.
La sentenza della Consulta era attesa nell’ambito della vertenza del suicidio assistito di Dj Fabo, aiutato da Marco Cappato. La Corte, dopo due giorni di camera di consiglio, ha assolto gli atti di disobbedienza civile di Cappato.
“Lo Stato tutelerà i medici obiettori di coscienza”
Pronta la replica del presindente di Fnomceo, il dott. Filippo Anelli: ” Noi chiediamo allo Stato di fare un ulteriore passo, e di assumersi la responsabilità dell’atto finale. Chiediamo che sia un rappresentante dello Stato a prendere atto della sussistenza di tutte le condizioni, certificate ovviamente dai medici, e a procurare al paziente il farmaco che dovrà assumere.”.
Anelli cita l’art. 3 del Codice di Deontologia Medica: «Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana».
Da qui, secondo il presidente, deriva una visione della morte quale “nemico da combattere” e mai come “alleato”.
Un’interpretazione molto discutibile, che non ci sentiamo di condividere, retaggio implicito di un’influenza religiosa in un ambito che dovrebbe essere laico.
Un passo verso l’autodeterminazione del paziente
Finalmente in Italia sarà possibile porre fine alle proprie sofferenze con l’aiuto di un medico. Non quindi una legalizzazione dell’eutanasia, ma semplicemente un allargamento dei confini della sedazione terminale prevista dalla legge 219/17.
Suicidio assistito: le implicazioni penali per il medico
Se già sul lato della responsabilità civile del medico gli orientamenti non sono costanti, anche nel caso del suicidio assistito in dottrina esistono diversi orientamenti. Il prevalente (vedi caso Welby), sancisce che l’obbligo del medico di curare il paziente fonda i suoi presupposti sul consenso del malato.
Qualora questo consenso venisse a mancare, sempre secondo questo orientamento, decade di conseguenza anche per il medico l’obbligo alle cure.
Questo passaggio implica però altri obblighi in capo al medico. In primis verificare quanto il malato sia consapevole di questa scelta e mettere in campo una “strategia di persuasione” per dissuaderlo, anche eventualmente con un’adeguata assistenza psichiatrica o psicoterapeutica.
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