Responsabilità medica, tra obblighi e facoltà

da | Ultimo aggiornamento 18/01/2022 | Assicurazioni, Lavoro | 0 commenti

medico preoccupato

In tema di responsabilità medica, l’obbligo dell’assicurazione continua a generare molta confusione tra i professionisti.

Colpa, probabilmente, della scarsa chiarezza della legge istitutiva dell’obbligo di tutela, la legge n. 24/2017 (meglio conosciuta come Legge Gelli Bianco) il cui art. 10 – rubricato Obbligo di assicurazione – non introduce in sostanza un vero e proprio obbligo generalizzato di assicurazione di responsabilità civile per i medici e per le strutture mediche, ma un intricato sistema di previsioni, prevalentemente facoltative per quanto riguarda le strutture sanitarie.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Responsabilità medica: chi riguarda l’obbligo assicurativo

Nel suo tenore letterale, l’art. 10 della Legge Gelli – Bianco prevede che l’obbligo assicurativo riguardi le aziende sanitarie e gli ospedali, pubblici e privati, i medici dipendenti, i medici liberi professionisti. Per ciascuna di tali figure vengono introdotte alcune diverse valutazioni.

Per quanto concerne le aziende sanitarie, sia pubbliche che private, non vi è alcun obbligo di assicurare la responsabilità civile, ma solamente una previsione di facoltà. Dunque, le strutture possono ben scegliere se assicurarsi contro i rischi della responsabilità civile mediante la stipula di una polizza o, se preferiscono, adottare “altre analoghe misure”.

Non solo: oltre a non esservi alcun formale obbligo di assicurazione della responsabilità civile per queste figure, non risulta nemmeno applicabile alcuna sanzione nel caso in cui ospedali e aziende sanitarie non esercitino la loro facoltà, visto che manca un regime punitivo.

Certo è che qualcuno potrebbe anche sostenere che per gli ospedali pubblici che non procedano ad assicurarsi, né adottino delle altre adeguate misure – di cui parleremo a breve – potrebbe profilarsi l’ipotesi di un reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 cp. Tuttavia, sarebbe un’ipotesi raramente percorribile nel concreto, considerato che tale reato sarebbe contestabile solamente nel caso di dolo e, comunque, l’omissione degli atti d’ufficio sussiste solo se l’atto rifiutato doveva essere emesso per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità.

Sarebbe difficile, in tali fattispecie giudiziarie, dimostrare che la stipula di una polizza assicurativa per la responsabilità civile possa rientrare in una delle categorie di cui sopra.

In aggiunta a ciò, mentre le strutture sanitarie hanno una facoltà di scelta tra stipulare un’assicurazione e adottare altre misure analoghe, non vi è alcun corrispondente obbligo per le compagnie assicurative di accettare le proposte contrattuali che arrivano dalle strutture sanitarie. In altri termini, le compagnie assicurative, nel caso ricevano da una clinica la richiesta di stipulare una polizza, possono tranquillamente rifiutare la richiesta. Non ci troviamo quindi nel regime dell’assicurazione auto, dove invece la compagnia e l’intermediario hanno l’obbligo a stipulare la polizza auto nel caso il cliente la richieda (e accetti la tariffa della compagnia assicurativa che viene depositata).

In linea teorica potrebbero pertanto essere verificabili dei casi in cui l’ospedale, pur volendo adempiere all’obbligo (che obbligo, abbiamo visto, non è), non possa riuscirci senza propria colpa perché, ad esempio, non ha i mezzi per adottare le altre analoghe misure e non trovi alcun assicuratore disposto ad accettare la propria proposta di contratto.

Le altre analoghe misure

Ora, rimane pertanto inteso che se aziende sanitarie e ospedali decidessero di non assicurarsi, dovrebbero tuttavia fornire altre analoghe misure di copertura dei rischi. Ma di cosa si tratta?

In realtà, anche in questo caso la normativa si fa piuttosto nebulosa, considerando che gli unici richiami espliciti sono quelli di un regolamento ministeriale il cui compito è invitare le strutture a prevedere dei fondi rischi e dei fondi costituiti dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati, impignorabili presso terzi. In sostanza si tratta di accantonare dei soldi.

Le cose non vanno meglio – se così si può dire – per i medici dipendenti. I professionisti che sono dipendenti di ospedali pubblici o privati non hanno infatti alcun obbligo di assicurare il rischio della propria responsabilità civile, ma hanno l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione per garantire efficacia alle azioni di rivalsa sui casi di colpa grave.

Di qui, una prima incongruità. Considerato che aziende sanitarie e ospedali non hanno l’obbligo di assicurarsi, e comunque l’obbligo non sarebbe sanzionabile, potrebbe ben accadere che la struttura non assicuri la responsabilità civile dei propri medici né adotti altre adeguate misure. E poiché il medico dipendente ha il solo obbligo di assicurare la propria colpa grave in caso di rivalsa, ne deriva che in un’ipotesi come questa il paziente danneggiato dal medico potrebbe subirne gli effetti sfavorevoli.

Nella peggiore delle ipotesi, cioè quella in cui la struttura sanitaria non ha una polizza e non ha accantonato dei fondi, il paziente danneggiato non avrebbe una compagnia assicurativa a cui riferirsi: avrebbe però il diritto di procedere in giudizio verso la struttura che, sicuramente, dovrebbe risarcire il paziente, sia in caso di colpa lieve che di colpa grave. Il risarcimento in questo caso verrebbe pagato attingendo dal patrimonio della struttura.

Nel caso poi, una volta risarcito il paziente, si dimostrasse la colpa grave del medico, la struttura potrebbe rivalersi verso di lui, e in questo caso il medico sarebbe tutelato dalla propria assicurazione.

Passando poi ai liberi professionisti, la legge prevede che per le sole attività in regime di extra moenia rimanga fermo il generico obbligo del professionista di stipulare un’assicurazione sulla responsabilità civile professionale.

Il rischio assicurato nella responsabilità medica

Abbiamo visto, nelle righe precedenti, come per le Asl e gli ospedali non vi sia un vero obbligo di assicurare la responsabilità civile, bensì una facoltà.

Se tuttavia la struttura decide di stipulare un’assicurazione sulla RC, allora la polizza di responsabilità medica non potrà che coprire tre rischi:

  • la responsabilità dell’ospedale per fatto proprio e la responsabilità dell’ospedale per fatto altrui, che costituiranno oggetto di un’assicurazione per conto proprio;
  • la responsabilità del medico, che costituirà invece l’oggetto di un’assicurazione per conto altrui, con l’Asl o l’ospedale che sarà il contraente, e il medico che sarà l’assicurato.

L’azione diretta e il ricorso al Fondo di garanzia

Ciò premesso, l’attuale normativa è completata dalla previsione secondo la quale il danneggiato può proporre un’azione di responsabilità diretta nei confronti dell’assicuratore.

Tuttavia, questa azione diretta è prevista solamente nei confronti dell’assicuratore della struttura sanitaria e dei liberi professionisti, mentre non è prevista nei confronti del medico pubblico dipendente che, come abbiamo visto negli scorsi paragrafi, ha solo l’obbligo di assicurare la propria responsabilità rispetto alle azioni di rivalsa.

Di fianco allo strumento dell’azione diretta, il legislatore ha altresì previsto quello dell’accesso al Fondo di garanzia, il cui intervento è tuttavia previsto in tre sole ipotesi:

  • incapienza del massimale previsto dalla polizza assicurativa stipulata dal responsabile,
  • assicurazione del responsabile con un’impresa assicurativa posta in liquidazione coatta amministrativa;
  • responsabile privo di assicurazione, ma solamente a causa del recesso dell’assicuratore dal contratto che era stato precedentemente stipulato, ovvero per la cancellazione dell’impresa dell’albo delle società assicuratrici.

Con tali caratteristiche, è dunque lecito immaginare che il Fondo di garanzia non interverrà in maniera particolarmente frequente e cospicua, considerato che non è prevista l’azione nel caso in cui il responsabile del danno sia privo di assicurazione per non averla stipulata. L’intervento è invece previsto solamente nella più rara ipotesi di recesso dell’assicuratore o di liquidazione coatta dello stesso, e in quello meno infrequente (ma non certo di accadimento quotidiano) di superamento del massimale previsto dalla polizza assicurativa stipulata dal responsabile.

Conviene stipulare la polizza di responsabilità medica?

Alla luce di quanto sopra, potrebbero dunque sorgere dei dubbi sulla necessità e sulla convenienza a stipulare la polizza di responsabilità medica, meglio nota come rc professionale.

In realtà, al di là dell’effettiva presenza di un obbligo o meno nella sottoscrizione di un contratto di responsabilità civile, la polizza di responsabilità medica è certamente un contratto assicurativo che vale la pena considerare, qualsiasi sia lo status del soggetto contraente e assicurato.

La stipula di una polizza di RC medica consente infatti di migliorare il livello di serenità nell’esercizio della propria professione, proteggendosi altresì da qualsiasi sconveniente interpretazione normativa in tal riguardo.

Considerato inoltre che i contratti di assicurazione della responsabilità civile medica sono oggi disponibili sul mercato a condizioni sempre più concorrenziali e con clausole sempre più versatili, non possiamo che consigliare tutti coloro i quali fossero interessati da tali previsioni ad approfondire la conoscenza delle condizioni contrattuali domandando specifici preventivi alle compagnie assicurative che propongono questi prodotti.

Dicono di noi

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Eleonora Borghi
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