L’Odontofobia attualmente meglio declinata come ansia e paura del dentista rappresenta un problema clinico.
Sono queste manifestazioni emotive estremamente diffuse, che possono interferire con l’attività dell’odontoiatra talvolta arrivando ad inficiarne il risultato.
La paura del dentista è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia vera e propria. E’ stata infatti inserita nell’International Classification of Disease (ICD-10) tra le fobie specifiche.
Nel dettaglio questo disturbo appartiene alla categorie delle monofobie e comporta lo sperimentare un’intensa paura verso un evento, una situazione o un oggetto specifico, arrivando a sfociare persino in un attacco di panico.
Paura del dentista: il comportamento odontofobico (1)
Il soggetto che ha paura del dentista mette in atto una serie di strategie nel tentativo di fronteggiare la paura che lo assale.
Si possono classificare due tipologie di approccio del paziente odontofobico a seconda che si tratti del comportamento fuori o dentro lo studio dentistico.
Il primo riguarda il comportamento all’esterno dello studio. Questo si concretizza nel:
- Rimandare sistematicamente l’appuntamento preso con l’odontoiatra;
- Autoprescrizione farmacologica (assunzione di antibiotici ed antinfiammatori) nella speranza di risolvere il problema da solo;
- Evitamento di qualsiasi argomento che lo metta in relazione alla situazione che gli provoca l’ansia.
Purtroppo rimandare il problema non fa che peggiorare la situazione, ingigantendo la paura del dentista.
L’evitamento consolida nel paziente ansioso la convinzione di non poter in alcun modo risolvere il problema, piuttosto che ricorrere al dentista, si automedica.
Ciò aggrava in molti casi pesantemente la sua situazione e lo costringe a rivolgersi all’odontoiatra quando la situazione è ormai compromessa, spingendolo paradossalmente dalla condizione che voleva evitare: estrazioni dentali, interventi lunghi, numerose sedute.
Il comportamento odontofobico (2)
Il secondo riguarda invece il comportamento odontofobico all’interno dello studio dentistico. Questo, a sua volta, si concretizza nel:
- Arrivare molto in anticipo sull’ora dell’appuntamento
- Distrarre l’attenzione (con riviste o con l’uso dello smartphone)
- Tentare di controllare l’ansia passando mentalmente in rassegna tutte le sensazioni dolorose
- Ascoltare i rumori provenienti dallo studio ed interpretarli come “segnali”.
L’insieme di queste strategie che il paziente odontofobico mette in atto quando è nello studio del dentista mirano a gestire il suo stato di paura, in realtà sortiscono esattamente l’effetto opposto.
L’estrema attenzione riposta sul proprio stato fa da cassa di risonanza e tende ad amplificare il dolore che prova. Aumentare la percezione del dolore trasforma la sua paura del dentista in una ancora peggiore di quella paventata.
Come affrontare la paura del dentista
La prima cosa da fare è informarsi, ciò che si conosce fa meno paura di ciò che ci è ignoto, poiché una cosa sconosciuta è più difficile da gestire. È bene ricercare notizie su ciò che fa paura.
In secondo luogo è bene affidarsi ad uno specialista di fiducia. Se l’odontoiatra gode di stima profonda è più facile che risulti credibile quando gli si pone domande in caso di dubbio.
E’ bene organizzarsi e programmare un calendario di visite in modo da fare un passo alla volta. Se non è necessario intervenire d’urgenza si può cadenzare gli incontri in modo da rendere graduali intensità e livelli di intervento.
Per cercare di rendere “visibile” la propria paura si può ricorrere al vecchio motto “scripta manent”. Se si segna su un foglio l’elenco delle nostre paure e le si assegna un voto prima di entrare ed uno dopo che si è usciti dallo studio, si vedrà che il secondo voto assegnato in genere è più basso del primo.
Il ruolo dello psicologo nell’odontofobia
L’odontoiatra dovrebbe disporre di competenze conoscitive minime al fine di discriminare in presenza di psicopatologie del paziente per valutare di appoggiarsi a qualcuno di maggiormente competente, uno psicologo, inviandogli il paziente in modo da trattarlo in modo completo. Anche il ruolo dell’assistente alla poltrona, in questi casi, può essere d’aiuto, come del resto tutta l’equipe dello studio.
La terapia strategica breve, per esempio si pone l’obiettivo di sostituire le “tentate soluzioni” disfunzionali con altre maggiormente funzionali portando il paziente odontofobico ad avere una percezione diversa della propria situazione ansiogena.
Ultimi commenti