Occhi puntati sulla Regione Calabria: da giorni non si parla d’altro che di questa mega assunzione di medici cubani fatta dalla regione per tamponare l’emergenza sanitaria.
Ma cosa è successo esattamente e cosa ha portato la Regione Calabria ad assumere centinaia di medici (cinquecento) da Cuba?
Il disastro della sanità calabrese
Dopo 12 anni di commissariamento, la Calabria risulta la penultima regione italiana per quanto riguarda l’efficienza. Calcolando il LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), il punteggio arriva a 125 (la soglia minima dovrebbe essere 160). Questo significa che in questa regione ai cittadini non sono garantiti i livelli minimi di assistenza sanitaria cui dovrebbero accedere per legge: posti di pronto soccorso in difficoltà, corsie senza organico necessario.
I cittadini fuggono verso gli ospedali del nord per farsi curare, e questo determina che i milioni di euro (oltre 300 ogni anno) stanziati per la sanità calabrese vadano a finire negli ospedali del nord sotto forma di rimborsi.
Questa situazione emergenziale, trascinata negli anni, non solo impatta sui cittadini, ma anche sui medici, che si trovano a dover vivere una situazione di stress e impotenza per un periodo troppo prolungato.
Il decreto Calabria
Nel 2019 il governo Conte emana il Decreto Calabria con l’intento di risanare il problema: secondo molta stampa, il decreto Calabria non si preoccupò altro che di aumentare i compensi dei commissari e dei direttori generali (e di far lavorare gli specializzandi degli ultimi anni un po’ in tutta Italia, aggiungiamo noi).

La situazione della Sanità in Regione Calabria oggi
Dopo la pandemia, la situazione in regione Calabria è anche peggiorata: la regione ha ricevuto 115 milioni di euro per combattere la pandemia di covid, e ne ha spesi poco meno di quaranta. E ancora mancano i medici in corsia, i posti di pronto soccorso sono allo sbando e mancano medici specialisti.

L’Accordo con Cuba
Il commissario Occhiuto per trovare una soluzione ha siglato un accordo con un’agenzia del lavoro cubana che darà l’opportunità a 500 medici cubani di lavorare in Calabria.
Questo in virtù del disposto nell’art. 13 del D.L. 183/2020, che permette di riconoscere idonei al servizio i medici che hanno conseguito il titolo all’estero per rimediare allo stato di emergenza vigente.
Le tempistiche non saranno immediate: sarà necessario rendere questi medici abilitati alla professione. Sarà proprio la regione Calabria, al posto del Ministero della Salute, che dovrà riconoscere la validità della laurea conseguita a Cuba (comparando i piani di studio).
Per ultimo, l’ordine dei medici dovrà “certificare” i candidati cubani sia con un esame di lingua che con un esame che attesti la conoscenza delle “regole che normano la professione medica in Italia”.
Il Commissario Occhiuto ribadisce che la misura è estemporanea e che i quasi 500 (497 per la precisione) medici cubani che saranno destinati in regione Calabria a far data dal mese di settembre (se non ottobre) sono un rimedio estremo.
Lo sfruttamento dei Medici Cubani in Calabria
L’arrivo dei medici cubani ha suscitato un coro di proteste: in primis da parte delle associazioni di medici italiane, che chiedono polemicamente di domandarsi la ragione per cui centinaia di medici calabresi hanno scelto di lavorare in altre regioni.
Ma nel frattempo , alcune organizzazioni come Human Rights foundation denunciano le vere finalità per cui sono promosse queste missioni mediche cubane: missioni nate ““per esportare il marchio ingannevole della diplomazia medica dell’isola e promuovere il mito di Cuba come ‘potenza medica mondiale”” . Ma sembrerebbe che i contratti di lavoro negoziati da queste agenzie interinali lascerebbero una piccola percentuale (dal 9% al 25% dello stipendio) al singolo medico: il resto andrebbe nelle casse dello stato per compensare le mancate entrate derivanti dal turismo a causa del crollo dei viaggi dalla pandemia in avanti .
E nel frattempo sono sorte anche le proteste da parte dei cubani residenti in Italia.

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