Il 1 aprile 2017 entra in vigore la legge 8 marzo 2017 n. 24 chiamata “Legge Gelli Bianco“, con l’obiettivo di superare le difficoltà di applicazione della Legge Balduzzi di quattro anni prima.
Da una parte la legge cerca di trovare un punto d’incontro tra il diritto alla salute e la tutela della dignità professionale degli operatori sanitari. Dall’altra tenta di contrastare la “medicina difensiva” e limitare la spesa pubblica in materia sanitaria.
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Legge Gelli Bianco: cosa è la responsabilità civile?
Prima di parlare della Legge Gelli Bianco è importante chiarire cosa sia la responsabilità civile. Nell’ordinamento giuridico italiano, la responsabilità civile si scinde in due macroaree: contrattuale ed extracontrattuale.
Per incorrere in una responsabilità civile è necessaria l’esistenza di un danno ed esso deve essere risarcibile. L’obiettivo unico di questa responsabilità è, infatti, la redistribuzione del costo del danno, ovvero il trasferimento di questo dal soggetto che lo ha subito, senza cause di giustificazione, al responsabile che lo ha cagionato.
Per la contestazione della responsabilità civile deve inoltre esistere un collegamento causale tra una determinata condotta e l’evento dannoso.
La responsabilità civile contrattuale
La responsabilità civile contrattuale comprende tutte le forme di responsabilità che scaturiscono da rapporti obbligatori originati da contratti, dalla legge ovvero da atti unilaterali.
Presupposto necessario di questa tipologia è la preesistenza di un rapporto obbligatorio di credito/debito tra soggetto danneggiante e soggetto danneggiato al momento del verificarsi del danno.
Pertanto, in ambito risarcitorio si farà riferimento a questa obbligazione instauratasi tra i soggetti per definire la sussistenza di un qualsiasi danno: esso deriverà dall’adempimento dell’obbligazione, dal suo ritardo oppure dal totale inadempimento. Nel codice civile italiano, la responsabilità contrattuale è particolarmente disciplinata dagli articoli 1218 e 1176.

La responsabilità civile contrattuale comprende tutte le forme di responsabilità che scaturiscono da rapporti obbligatori originati da contratti, dalla legge ovvero da atti unilaterali.
La responsabilità civile extracontrattuale
La responsabilità civile extracontrattuale non presuppone invece alcun rapporto giuridico preesistente al danno, ma essa deriva da un atto illecito ovvero dalla violazione del generale principio di neminem laedere, in base al quale tutti sono tenuti al dovere di non ledere l’altrui sfera giuridica, includendo il non arrecare danni. Anche la responsabilità extracontrattuale ha come funzione principale il risarcimento e la compensazione del danno.
L’obiettivo è infatti il ripristino delle condizioni precedenti al danno, affinché il soggetto danneggiato non subisca il costo nel proprio patrimonio.
Il ripristino dovrà avvenire in forma specifica oppure per equivalente in denaro con lo scopo di riportare le condizioni del soggetto danneggiato alla stessa situazione in cui si trovava prima di aver subito l’altrui atto illecito. Nel codice civile italiano, la responsabilità extracontrattuale è chiaramente disciplinata dall’articolo 2043.
La principale differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale è l’onere della prova. Nella responsabilità contrattuale, al soggetto danneggiato che agisce, per ottenere il risarcimento, sarà sufficiente dimostrare il preesistente rapporto giuridico dal quale deriva il suo diritto di credito nei confronti del debitore.
Infatti, l’onere della prova ricadrà sul debitore, il quale dovrà dimostrare che l’inadempimento dell’obbligazione alla quale era tenuto è stato dovuto a causa a lui non imputabile.
Al contrario, nella responsabilità extracontrattuale sarà il danneggiato a dover provare, come attore in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, il fatto illecito e cioè non solo l’evento dannoso in quanto tale ma anche la colpevolezza – dolo o colpa – che deve ravvisarsi nella condotta del soggetto danneggiante, che in giudizio sarà il convenuto.
L’attore dovrà inoltre dimostrare il relativo nesso causale, ovvero che il danno risarcibile sia collegato all’evento occorso e alla condotta del debitore. della sicurezza”.
Nella responsabilità civile contrattuale spetta al medico dimostrare che il danno al paziente è dovuto ad una causa a lui non imputabile
Gli sviluppi italiani sulla responsabilità civile del medico
Il tipo di responsabilità civile da applicare per danni verificatisi nell’ambito della medicina e della salute dell’individuo è argomento piuttosto dibattuto nell’ordinamento giuridico italiano, con notevoli e numerose discussioni dogmatiche a riguardo.
Nel rapporto tra medico e paziente in quale tipologia di responsabilità ci troviamo? Nella semplice responsabilità contrattuale oppure nella più complessa responsabilità extracontrattuale?
In Italia non c’è mai stata una dottrina univoca a riguardo, tantomeno una giurisprudenza consolidata; la decisione di individuare la responsabilità medica come responsabilità contrattuale oppure extracontrattuale è da sempre una prerogativa, quasi esclusiva, del Legislatore.
Quando venne promulgato il codice civile nel 1942, il limite della responsabilità del professionista sanitario era fortemente sbilanciato in netto favore della classe medica, nei confronti della quale la giurisprudenza si esprimeva in termini ampiamente benevoli. L’esclusione della responsabilità medica costituiva generalmente la regola mentre il suo riconoscimento era ridotto a casi eccezionali, ovvero i più gravi, tangibili ed estremi. Questa posizione veniva definita anche “rapporto paternalistico tra medico-paziente”.
A seguito dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978 e al progressivo riconoscimento dei principali diritti fondamentali (alla vita, alla integrità fisica, all’assistenza sanitaria) da parte della Corte Costituzionale, la responsabilità mutò nel profilo del “contatto sociale”. Il paziente, pretendendo di essere curato, entra in “contatto” con il medico e la struttura sanitaria, dando vita a un rapporto obbligatorio senza che sia necessaria la preesistenza di un rapporto contrattuale tra i soggetti. Si ammetteva dunque che potessero sorgere obbligazioni da rapporti contrattuali di fatto, non scritti, senza che tale contatto riproducesse le fattispecie negoziali elencate nel codice civile, ricollegando comunque una serie di obblighi comportamentali indirizzata a tutelare gli interessi emersi o esposti a pericolo, a seguito del contatto avvenuto. Si poteva perciò affermare che non tutti i contratti avessero base negoziale ma taluni si realizzassero, solamente, grazie al “contatto sociale”.

Secondo la Legge Balduzzi, la responsabilità poteva essere contrattuale o extracontrattuale a seconda del soggetto al quale è attribuita
Il decreto Balduzzi del 2012 e la Legge Gelli Bianco del 2017
La responsabilità dell’esercente una professione sanitaria cambiò nuovamente con il Decreto Balduzzi nel 2012. Questa norma fu molto criticata, per la scarsa comprensione dei contenuti e le numerose difficoltà interpretative, da parte di accademici e professionisti del diritto.
Le novità della Legge Balduzzi
La tipologia di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, differiva dal soggetto al quale essa era attribuita. Nel caso di responsabilità di una struttura sanitaria oppure di un medico operante in regime di libera professione, essa era indubbiamente contrattuale ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile. Nel caso di un medico dipendente da una struttura sanitaria invece la natura della responsabilità era abbastanza dibattuta.
Una tesi maggioritaria della dottrina voleva che il medico dipendente rispondesse per contratto, essendo egli incaricato dalla struttura sanitaria. Contrariamente una tesi minoritaria attribuiva al medico dipendente una responsabilità extracontrattuale, o meglio per danno ingiusto, come disciplinato dall’articolo 2043 c.c.
Il Decreto Balduzzi disciplinava inoltre il rispetto, da parte dei professionisti sanitari, di linee guida del settore. Tuttavia, la presenza di una pluralità di soggetti – con diverse competenze e diversi livelli di intervento – tra gli autori delle linee guida e delle buone pratiche causava evidenti difformità nelle numerose versioni dei testi proposti.
Questa situazione ha prodotto molte incomprensioni nelle sedi giudiziarie e notevoli difficoltà nell’attribuzione della responsabilità medica, che richiesero un intervento del Legislatore dopo pochi anni dall’entrata in vigore della normativa.
Le novità della Legge Gelli Bianco
La legge 24/2017, detta “Legge Gelli-Bianco” dai nomi dei parlamentari relatori, ha cambiato sensibilmente la responsabilità medica e degli esercenti le professioni sanitarie, dando maggiori certezza sulla interpretazione legislativa e la relativa applicazione.
All’articolo 7 si dispone nel primo comma che <<La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose e colpose.>>.
Nel medesimo articolo, al terzo comma si recita che <<L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.>>

La struttura sanitaria, pubblica o privata, risponde delle condotte dolose o colpose degli operatori sanitari che lavorano al suo interno
Conclusioni: la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del medico
Il Legislatore ha previsto quindi una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per tutte le prestazioni erogate al suo interno, siano esse direttamente collegate, come la spedalità, oppure indirettamente come l’attività intramoenia, la sperimentazione clinica o la telemedicina.
Nella responsabilità contrattuale, il paziente deve provare solo il danno subito e il nesso di causa fra danno e la condotta del medico. Il professionista sanitario, o la struttura, dovrà provare di non avere alcuna responsabilità. Il termine prescrizionale è di 10 anni.
La responsabilità sarà invece di natura extracontrattuale per gli esercenti la professione sanitaria che operino all’interno di una struttura sanitaria, a meno che non abbiano assunto un’obbligazione contrattuale direttamente con il paziente, agendo nell’adempimento di essa, ossia i liberi professionisti puri. In quest’ultimo caso infatti sarà attribuita loro una responsabilità contrattuale.
Nella responsabilità extracontrattuale, il paziente avrà un notevole onere probatorio: egli dovrà provare il danno, il nesso di causa tra danno e condotta del medico, la responsabilità del medico. Il termine di prescrizione entro il quale vantare i propri diritti è 5 anni.
Attenzione però: non è escluso che i magistrati ritengano che esistano entrambe le responsabilità da parte dello stesso soggetto. In questi casi, più rari, si parla di concorso di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Inoltre, la struttura sanitaria, che sia stata condannata a risarcire il danno al paziente, potrà rivalersi sul professionista responsabile di tale inadempimento, in caso di dolo o colpa grave. I canali percorribili differiscono dalla tipologia di struttura sanitaria: pubblica (presso la Corte dei Conti) o privata (presso il tribunale ordinario). E’ proprio in questo caso che si manifesta la necessità (oltre che l’obbligo) di avere un’assicurazione di colpa grave medico.
Per essere tutelati per la rivalsa della struttura sanitaria è sufficiente un’assicurazione di colpa grave (chiedi qui un preventivo).
Per consulenze scrivere a: s.baraldi@avis.it
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