Com’è organizzato e come si lavora in un reparto Covid?
Questa è una delle domande che più frequentemente viene in mente non soltanto ai cittadini, ma anche ai medici o agli infermieri neo-laureati.
Da quando si è diffusa l’infezione e sono stati aperti i reparti per i pazienti affetti da polmonite da Covid 19, i media si sono concentrati sul diffondere molte informazioni di tipo epidemiologico e medico; ma ben poco si è detto sui luoghi in cui questa battaglia viene combattuta quotidianamente e su come si svolga la “giornata lavorativa”.
In questo articolo cercherò di riassumere i cardini delle principali attività svolte in un reparto Covid dal mio punto di vista: quella di un medico che ogni giorno, insieme ai suoi colleghi, agli infermieri e agli OSS percorre quei corridoi e varca quelle porte al di là delle quali vi sono le persone affette da questa malattia.
Cosa serve per lavorare in un reparto covid?
Anzitutto occorre sapere se si è assunti come dipendenti (a tempo indeterminato o determinato), oppure si avvia un rapporto in regime di libera professione. In questo secondo caso, occorre l’apertura della partita iva come medico.
In entrambi i casi , poi , sarà sufficiente la stipula di un’assicurazione di colpa grave medici.
In un reparto Covid-19, a differenza degli altri, non devono mai mancare: monitor per il controllo delle funzioni vitali, ventilatore meccanico, pompe per infondere i farmaci, maschere per l’ossigeno, sistema di aspirazione delle secrezioni bronchiali e defibrillatore.
Struttura di un reparto Covid
Iniziamo col dire che da un punto di vista logistico/strutturale, un reparto dedicato agli ammalati di polmonite da Covid 19, presenta alcune differenze rispetto ai reparti di degenza comuni. E’ possibile individuare 4 zone principali, a livello crescente di pericolo di contagio:
- Zona “pulita”: dedicata ad attività quali briefing, compilazione cartelle cliniche, pratiche burocratiche ecc.
- Zona “filtro”: è la zona pulita in cui si effettua la vestizione.
- La zona “sporca”: è il reparto vero e proprio dove sono presenti le camere di degenza e gli strumenti, ed è la zona con il massimo pericolo di contagio, a cui si può accedere solo dopo apposita vestizione.
- Zona “intermedia” è la zona in cui ci si sveste dalla tuta protettiva, ci si disinfetta per poi passare di nuovo nella zona filtro e ritornare in quella pulita dopo aver terminato le attività.
Gli orari di un reparto Covid
I turni di lavoro sono suddivisi in mattina, pomeriggio e notte. I primi due sono di 6 ore ciascuno, che spesso però diventano da 12, mentre le notti sono tutte da 12 ore.
Spesso, vista l’emergenza che stiamo vivendo, non si riesce ad avere il riposo successivo allo smonto notturno e talvolta, si è costretti a sacrificare più di un riposo settimanale, per coprire le necessità del reparto a causa della mancanza di medici (per approfondire leggi l’articolo Carenza di medici: le ultime novità) .
Di conseguenza le turnazioni diventano massacranti. Non abbiamo diritto a ferie pagate né a malattia: ma questo è un aspetto che varia da contratto a contratto e che meriterebbe maggiori approfondimenti.

La zona “sporca” è il reparto dove sono presenti le camere di degenza e gli strumenti, ed è la zona con il massimo pericolo di contagio, a cui si può accedere solo dopo apposita vestizione.
La giornata tipo in un reparto Covid
Alle 8 del mattino si comincia con un briefing tra medici ed infermieri, dove si fanno i report sui pazienti in degenza, si valutano le terapie e si programmano le attività da svolgere durante la giornata: esami di laboratorio e strumentali.
Successivamente si indossa la tuta protettiva e si entra nella zona sporca per effettuare il giro visite, valutare le emogas analisi e se necessario modificare le modalità di ossigeno terapia.
Ad ogni visita, è necessario aggiornare il diario clinico e se le condizioni cliniche del paziente lo rendono opportuno, è necessario richiedere consulenze da parte di specialisti di altri reparti: rianimatore, cardiologo, nefrologo ecc.

“Noi ce la mettiamo tutta, ma da soli non possiamo farcela, abbiamo bisogno anche di voi: se tenete alla vita, se amate i vostri cari, rispettate il distanziamento sociale, indossate le mascherine e cercate di non uscire se non strettamente necessario.”
La vestizione degli operatori in reparto Covid
Uno dei momenti più importanti del lavoro è quello in cui si indossa la tuta protettiva. Ci si mette di fronte ad uno specchio e si indossano in sequenza i calzari, poi un primo paio di guanti sterili, la cuffia, la maschera FFP2 o FFP3, la tuta integrale, il casco, il secondo paio di guanti, che va al disopra delle maniche della tuta, ed infine il terzo paio di guanti.
Viene da sé che visitare i pazienti ed effettuare operazioni di vario tipo, diventa ancora più difficile, oltre al disagio legato alle temperature raggiunte all’interno di queste divise. Ancor più importante poi è la fase di svestizione, perché è quella che potenzialmente può determinare il contagio per se stessi e tra i colleghi se non viene effettuata correttamente.
Uno dei momenti più importanti del lavoro è quello in cui si indossa la tuta protettiva.
Il rapporto con i familiari dei pazienti ricoverati in reparto Covid
Un altro punto non trascurabile del lavoro in questo tipo di reparto, è il contatto con le famiglie dei pazienti.
Si tratta infatti di persone che non possono ricevere alcun tipo di visita, se non quelle del personale sanitario. Alla fine del giro visite è previsto infatti un colloquio telefonico giornaliero, da parte di noi medici, con i parenti dei ricoverati.
E’ importante informarli delle condizioni cliniche, se gravi o meno, se ci sono o no dei miglioramenti e forse, ancor più importante, far sentire loro il nostro appoggio, il nostro supporto e la nostra vicinanza: ricordiamoci sempre che siamo il ponte che li collega ai propri cari!
Possiamo concludere che lavorare in un reparto covid, differisce molto dal lavorare in altri reparti. Gli orari di lavoro spesso sono più lunghi, perché è necessario coprire le carenze di personale.
La soglia di attenzione, deve essere ancora più alta, le mascherine vengono indossate sempre e cambiate ogni 4 ore. Nella zona sporca, il rischio di contagio è elevatissimo per via delle maschere e dei caschi per la CPAP (per approfondire leggi cos’è una CPAP) degli aerosol e del contatto con i pazienti.
Ogni giorno, mettiamo a rischio la nostra vita e quella dei nostri cari, per dare un contributo in questa guerra, spesso con poche armi. Ad oggi, molti non si rendono conto delle condizioni in cui versa la nostra nazione, del numero di morti che aumentano nei nostri reparti e continuano a non rispettare le norme igienico sanitarie.
Noi ce la mettiamo tutta, ma da soli non possiamo farcela, abbiamo bisogno anche di voi: se tenete alla vita, se amate i vostri cari, rispettate il distanziamento sociale, indossate le mascherine e cercate di non uscire se non strettamente necessario. Questo virus non fa distinzione di sesso, di età, di religione o di etnia; questo virus può uccidere chiunque.
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