La figura del consulente odontoiatra è nata in Italia a seguito del boom di dentisti che si sono riversati nel mercato lavorativo già a partire dagli anni ‘70; ad aggravare la situazione ci hanno pensato le politiche di liberalizzazione dal 2000 in poi.
Che cosa è successo? Ci siamo semplicemente ritrovati con uno stuolo di neo-laureati impossibilitati, dalla grande concorrenza e dalla crisi economica, a formare uno studio proprio.
Oggi la categoria dei dentisti può essere divisa in due tipologie: quelli con uno studio di proprietà e quelli che lavorano per altri.
Gli odontoiatri con uno studio sono degli imprenditori del settore con tutte le responsabilità che comporta la gestione di un’azienda; gli altri invece sono coloro che lavorano per i dentisti che hanno uno studio di proprietà, sono liberi professionisti, chiamati “consulenti” o “collaboratori”.
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I dentisti consulenti e i dentisti collaboratori sono due categorie distinte che svolgono funzioni diverse. I primi sono specializzati in una particolare disciplina, chiamati proprio perché esperti in materia, come ad esempio il consulente in chirurgia; solitamente hanno un ruolo stabile all’interno degli studi in cui partecipano, avendo voce in capitolo anche nelle strategie a lungo termine.
I collaboratori invece sono chiamati a svolgere operazioni di routine in assistenza o in sostituzione del dentista titolare dello studio, nel caso di periodi con grosse quantità di lavoro o per affiancamenti in prospettiva di una nuova assunzione.
Dal momento in cui nello studio dentistico non esistono solo titolari e consulenti ma anche i pazienti, è bene chiarire come dovrebbero svolgersi i rapporti in questo ménage à trois.
All’interno di un triangolo il problema principale da risolvere è quello dell’armonizzazione delle menti, i tre soggetti in causa dovrebbero avere gli stessi interessi e voler raggiungere lo stesso fine: la cura e la soddisfazione del cliente. Quando questa concomitanza di intenti viene a mancare, possono crearsi dei veri e propri problemi.
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