La Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), in concomitanza con le istituzioni associate, ha avviato un progetto in grado di rappresentare una vera e propria svolta: l’infermiere di famiglia/comunità.
Si tratta dell’inserimento completo di questa figura, come previsto nel Patto per la Salute, sulla base delle forme contrattuali enunciate dal Decreto Rilancio.
A ragione di queste nuove predisposizioni, sia il documento delle Regioni che la stessa FNOPI mettono bene in evidenza tutto ciò che concerne l’ambito di interesse di questa figura introdotta, specificando – a scanso di equivoci – quali sono le sue funzioni e che tipo di competenze deve possedere.
Scopriamo nel dettaglio di cosa si tratta e cosa si intende per infermiere di famiglia.
Chi è l’infermiere di famiglia
L’infermiere di famiglia ha un ruolo molto importante che non va erroneamente confuso con figure simili che possono depistarci dal differenziarlo.
Nello specifico, la sua figura professionale è legata prettamente allo sfruttamento delle risorse di cui dispone all’interno delle comunità presso cui opera, promuovendo costantemente la salute e il benessere degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni dalle quali non può prescindere.
In più, oltre ad incrementare il controllo sulla salute, diventa un punto di riferimento per la popolazione, soprattutto per alcuni soggetti affetti da patologie croniche, quelli più anziani e per tutte le strutture che ospitano pazienti che non sono autosufficienti, compresi i più giovani.
La proposta di riconoscimento dell’infermiere di famiglia è stata accettata solo dopo sei anni di tentativi, affinché potesse essere riconosciuta all’interno della sanità pubblica.
La svolta ha preso piede nel 2012 quando, tramite il decreto Balduzzi, è stata organizzata una riorganizzazione sul fronte delle cure primarie – sia in ambito domiciliare che territoriale – sfruttando l’attività dei poliambulatori il cui servizio veniva assicurato 24 ore su 24.
La modifica, approntata due anni dopo, del decreto Balduzzi ha poi introdotto definitivamente la figura dell’infermiere di famiglia, riconoscendone a pieno titolo l’importanza di riferimento per l’evoluzione dei servizi territoriali di assistenza domiciliare.
Per quanto riguarda la sfera di competenze che l’infermiere di famiglia deve possedere al fine di essere ritenuto tale, si evincono senza dubbio l’effettiva conoscenza specialistica in ambito cure primarie e sanità pubblica.
Il suo ruolo sarà quindi incentrato sulla promozione della salute e la sua prevenzione e, non meno importante, sulla gestione dei processi di salute individuali e familiari trattati all’interno della comunità.
In più, è perfettamente in grado di assicurare assistenza alla popolazione, situata in una determinata area territoriale, riuscendo a stabilire un legame affettivo con le persone di cui si prende cura, nel rispetto di un rapporto solidale e fiducioso.

Il modus operandi di questa figura professionale sarà quindi incentrato sulla presa di coscienza della situazione specifica dell’individuo, senza mai trascurarne le fragilità.
Dove opera l’infermiere di famiglia e perché è importante
L’infermiere di famiglia lavora prevalentemente presso il domicilio dei pazienti oppure, in alternativa, negli ambulatori e nelle strutture che dispongono di servizi infermieristici appositi.
Sul territorio nazionale, la prima regione che introdusse questa figura professionale è stata la Lombardia, precisamente a Varese, luogo in cui è nato proprio un ambulatorio di infermieri di famiglia. Negli anni a seguire, si è concretizzata la possibilità di poterne usufruire in altre località, tra cui Desio, Luino e Biandronno, grazie al progetto Globalcareitalia.
Questi riferimenti, disposti in modo da coprire un raggio di 10 chilometri a testa, danno vita ad uns realtà che raggiunge l’utenza interessata nell’area territoriale considerata.
Secondo le parole di Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI, lo step più prezioso è concretizzare l’innovazione in tempi brevi; in questo modo – in linea con le Regioni – la nuova figura professionale potrà imporsi tempestivamente sul territorio presso cui opererà. Inoltre, prosegue, non è meno importante la necessità di avviare percorsi formativi concepiti appositamente per la formazione degli infermieri di famiglia e che questi, ovviamente, possano prender piede in tutte le Regioni. E’ fondamentale comprendere che questa figura debba essere preparata al meglio così da poter offrire un’assistenza valida ai propri pazienti.
Conclusioni
La figura dell’infermiere di famiglia e comunità – tramite il lavoro di rete – mette al primo posto in assoluto il paziente al quale devolve le sue energie, focalizzandosi sulle sue necessità e su quelle avanzate dai suoi familiari.
Una volta individuate, il prossimo passo da compiere sarà mettere a disposizione della comunità tutte le competenze professionali di cui dispone, cercando di adottare le strategie più affini al raggiungimento della soddisfazione dello stesso paziente.
In questo percorso, non solo il paziente diventa il vero e proprio protagonista assoluto del progetto di salute in questione, riuscendo intanto a trasformarsi in operatore di sé stesso, grazie agli strumenti e alle conoscenze che l’infermiere professionale gli offre.
Così facendo il paziente, le persone per lui fondamentali che lo circondano e tutti gli altri professionisti riflettono e cercano di sopraggiungere alle soluzioni più conformi alla situazione che talvolta si presenta.
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